Oggi la Chiesa celebra la quinta “Domenica della Parola di Dio”, istituita da Papa Francesco e fissata nella terza domenica del Tempo ordinario dal titolo “Rimanete nella mia Parola” (Gv 8, 3) e vuole essere un invito semplice quanto impegnativo, rileggere il nostro tessuto quotidiano alla luce della Parola di Dio.
Quella Parola che accompagna da secoli la nostra umanità e che si attualizza giorno per giorno senza che noi riusciamo ad averne piena consapevolezza.
A partire da questa domenica la Chiesa avvia un anno di preghiera in preparazione al prossimo Giubileo del 2025; è per questo che ogni domenica ci soffermeremo per accogliere la Parola attraverso una meditazione che possa essere di aiuto a comprendere la presenza di Dio nella nostra vita.
Il brano evangelico di questa terza domenica del Tempo Ordinario inizia con una notizia certamente non piacevole per Gesù, «Dopo che Giovanni fu arrestato». Eppure, in Gesù c’è una grande consapevolezza: la missione affidata dal Padre è più importante degli avvenimenti. Gesù non ha fretta di dare una spiegazione all’arresto di Giovanni, non si lascia dominare e divorare dal “perché” è avvenuto tutto ciò ma si lascia guidare dal “come” posso dare continuità alla vita scandita dal tempo. La risposta è proprio li, bisogna muoversi, dirigersi verso una meta e non rimanere fermi e imprigionati nelle sabbie mobili dei pensieri terreni rischiando di essere inghiottiti. Al fatto di cronaca Gesù risponde andando «nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio», e dicendo «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Tre verbi che azionano la vita di Gesù ma anche ogni azione cristiana.
La stessa Chiesa è chiamata ad andare verso l’umanità amata dal Signore per proclamare a tutti la Sua presenza dicendo ad ognuno di noi di convergere verso l’unica Parola, verso l’unica direzione, verso l’unico percorso valido: Gesù Cristo. Conversione significa proprio questo, convogliare tutte le nostre energie e forze, il nostro tempo e opportunità, i nostri dolori e fallimenti verso di Lui che avrà sempre una Parola di vita nuova per ciascuno di noi. Convertirsi non solo per cambiare rotta ma anche per credere in Lui. Credere non nel fatto che Dio esista o meno, presente o assente nella mia vita, ma credere che io sia parte di Dio in quanto figlio suo; credere di portare su di sé tratti e segni in quanto fatti a immagine Sua; Credere di potersi specchiare ogni mattina e vedersi assomiglianti a Lui perché creati a sua immagine; credere nel fatto che Lui, Padre della misericordia, ha tanta fiducia in noi, credere che «Dio, che ci ha creati senza di noi, non ha voluto salvarci senza di noi» (Sant’Agostino, Sermo 169, 11, 13: PL 38, 923). Ecco la prima e vera buona notizia! Ma non dobbiamo mai essere sazi di buone notizie e, infatti, eccone arrivare una seconda: Lui ha bisogno di noi. Sembrerà strano ma è tutto vero, chiama per nome tutta l’umanità per condividere la sua missione.
Infatti, Gesù vede l’umanità in attesa e chiama «Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare». È la chiamata della quotidianità ordinaria, mentre sono a lavoro irrompe la voce di Gesù invitandoli a condivide con lui la stessa missione. I due vengono chiamati per nome, come siamo stati chiamati anche noi nel giorno del nostro Battesimo; non uno qualunque ma tu con il tuo nome, con la tua storia, con la tua vita quotidiana vieni chiamato per condividere te stesso con gli altri, perché ci sono sempre gli altri «Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello».
Non siamo mai soli ma siamo tutti sulla stessa barca, ognuno con il suo modo di essere. Navighiamo lo stesso mare e condividiamo le stesse tempeste. Del resto, la missione della Chiesa sta proprio in questo: vivere il “noi comunitario” abbandonando le nostre certezze personali per metterci, come gli apostoli, alla sequela di Dio.