La terza domenica di Quaresima ci porta fino a Gerusalemme e l’evangelista Giovanni ci permette di conoscere anche per quale occasione; infatti, «si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme». Grande festa per il popolo d’Israele che celebra solennemente la liberazione della schiavitù d’Egitto. Anche Gesù, appartenente al popolo, da Cafarnao va al tempio. Ricordiamoci che anche per noi si sta avvicinando la Pasqua e la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. Liberi da ogni schiavitù terrena per camminare verso la Gerusalemme del cielo.
«Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Lo scenario che si presenza porta una fitta al cuore di Gesù. Il tempio, luogo dell’incontro con Dio, il luogo del ringraziamento per la liberazione ritrovata, è diventato un mercato. I custodi del tempio sono passati dal servire Dio a servirsi di Dio per i loro affari. Mettono Dio in vendita per guadagnare dominio e potere. Una ricorrenza buona si perverte in occasione di male per la sete di potere. Il pericolo è sempre dietro l’angolo. La tentazione di trasformare Dio da Carità infinita ad arma coercitiva è molto forte.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». La reazione di Gesù è molto dura. Abituati a vederlo mansueto e misericordioso ci sembra strano che anche lui perde le staffe. Non è tanto la durezza di Gesù ma la finalità del gesto che è importante. Scaccia, getta, rovescia e distrugge tutto ciò che opprime l’animo umano. La sua liberazione è anche da una religiosità che soffoca lo Spirito di Dio, la sua creatività, che mette a tacere la voce del Vangelo, che limita l’Amore misericordioso del Padre. Liberiamo il tempio del nostro cuore per permettere a Dio di dimorare dentro di noi. Lasciamo che la casa di Dio sia un luogo di fraternità e non di libero mercato.
«Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo». La risposta dei Giudei arriva puntuale. Vogliono sapere con quale diritto Gesù ha compiuto questo gesto. Il segno che chiedono non è per la conversione ma per poter accusare Gesù di follia, di non avere Dio dalla sua parte. Cercano le credenziali di Gesù senza voler credere in lui, non si rendono conto che il vero segno è lui stesso. Per poter comprendere, però, questo segno bisogna distruggere l’immagine falsa ed erronea di Dio. Distruggere, cioè, l’idea che si può fare a meno di Dio; superare i luoghi comuni con i quali talvolta riteniamo che tanto alla fine tutto condona e amici come prima. Non è così! Sulla croce Gesù è salito davvero e non per finzione. Dio le cose le fa seriamente e Gesù è il segno della determinazione infinita di Dio nel salvare ogni uomo, ed è anche il segno della Misericordia di Dio. Gesù è il vero tempio di Dio.
«Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo». Mentre Gesù è con noi possiamo vedere con i nostri occhi il dono di sé per noi. Il segno dell’Eucarestia è presenza viva e operante di redenzione. Attraverso il segno eucaristico possiamo credere in Lui e proclamare “adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1Pt, 3,15).