«In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna». Il brano evangelico di questa IV Domenica di Quaresima (Laetare) si apre con questa affermazione molto forte di Gesù. Il popolo in cammino alza lo sguardo lì dove c’è la vera salvezza. L’Antico Testamento, l’antica alleanza, apre la strada al Nuovo Testamento, alla nuova ed eterna alleanza. L’episodio citato da Gesù richiama la continua e costante ingratitudine del popolo d’Israele: «Il popolo disse contro Dio e contro Mosè: “Perché ci avete fatti uscire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero”. Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti velenosi i quali mordevano la gente e un gran numero d’Israeliti morì. Allora il popolo venne a Mosè e disse: “Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; prega il Signore che allontani da noi questi serpenti”. Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: “Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà, resterà in vita”» (Numeri 21, 5-8). Anche Gesù sarà innalzato sulla Croce per la nostra redenzione e credere in Lui significa accettare e accogliere ogni giorno la propria croce.
«Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna». L’essenza dell’annuncio evangelico può essere racchiusa in questa affermazione. Perché Dio ha mandato il Figlio Gesù? Perché il suo amore per l’umanità è assoluto e incondizionato. È un amore universale e unico, senza condizioni e senza esclusione. La volontà di Dio Padre di amare ciascuno lo porta anche a consegnare il Figlio: la Croce diventa il segno inconfondibile del dono della vita eterna. Dio ama per primo e senza riserve, ama per sempre e in modo generoso. Chi crede nell’amore di Dio è chiamato a credere anche nella possibilità di amare ogni persona incontrata nel cammino della vita. Si è amati per amare!
«Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio». Dio non ci fa dono del Figlio per trovarci colpevoli e condannarci ma per usare misericordia e portarci alla salvezza. Il progetto di Dio, dalla Creazione alla venuta del Figlio Gesù, dalla sua resurrezione all’Apocalisse, non è allontanare l’uomo da sé ma tenerlo vicino a sé, nel suo Cuore di Padre. Nel nome del Figlio Gesù sono presenti tutti i nostri nomi, resi figli nel Figlio, come ci ricorda san Paolo ai Galati «quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio» (4,7), potendo chiamare Dio “Padre”«E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». Pochi mesi fa abbiamo celebrato la luce della nascita di Gesù e già in quell’occasione l’evangelista Giovanni, nel prologo aveva scritto: «la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta» (Gv 1,5). La luce della verità si contrappone alla tenebra del male. Le opere di verità appartengono a Dio e, compiute, rendono veritiera tutta la vita. “Custodisci, o Signore, coloro che ti supplicano, sorreggi chi è fragile, vivifica sempre con la tua luce quanti camminano nelle tenebre del mondo e concedi loro, liberati da ogni male, di giungere ai beni eterni.” (Orazione sul popolo)