In questa XIII domenica del Tempo Ordinario il brano evangelico ci racconta di due miracoli compiuti da Gesù: la figlia del capo della sinagoga “di nome Giairo, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva»” e “una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando”. Due storie di sofferenza che si intrecciano e che hanno in comune il dolore e la disperazione. Entrambi, Giairo e la donna, vedono come unica speranza l’intervento di Gesù.
Ciò che caratterizza il racconto è il contrasto con il brano evangelico di domenica scorsa, quando i discepoli vennero rimproverati per la loro poca fede, così vicini a Gesù ma in realtà cosi lontani dal credere in lui. Invece, oggi abbiamo un pio israelita che viene invitato da Gesù a «non temere, soltanto abbi fede!», e una donna anonima alla quale viene riconosciuto il motivo del miracolo «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Mentre i discepoli accusano: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?», il capo della sinagoga e la donna sperano nel suo intervento.
Rilevanti, nel brano evangelico, anche i gesti che accompagnano i due miracoli compiuti.
“Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza” e chiede semplicemente «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». È la preghiera di implorazione umile di chi è disposto ad aprire il cuore, fiducioso che il Signore accoglierà la sua richiesta. In atteggiamento riverente supplica in ginocchio Gesù sapendo che basta un solo tocco della sua mano per ottenere la guarigione per la propria figlia. Anche l’emorroissa sa che basta il semplice contatto con Gesù per essere guarita, infatti pensa: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». Non c’è nessuna preghiera ma soltanto l’azione decisa e determinante di ottenere il miracolo. Non teme la folla ha bisogno solo di toccare un pezzettino, un lembo della stoffa che copre il corpo di Gesù per la salvezza. Non cerca clamore ma vita nuova.
Sia Giairo che l’emorroissa sono due esempi di fede per la comunità cristiana. Il primo ci ricorda che la fede è un cammino graduale e quotidiano insieme a Gesù, frutto della consapevolezza che lui è il compagno di viaggio di una vita intera. Lungo la strada non mancano né gli imprevisti né i pericoli e da soli non possono essere superati ma con Gesù nulla diventa impossibile. Solo aprendo il cuore alla fiducia della sua presenza e del suo intervento ci si può aprire al dono della grazia e dell’amore misericordioso di Dio. Gesù insegna a Giairo che la fede non delude se è posta nella giusta direzione perché credere non è soltanto chiedere per ottenere ma è anche cercare per trovare la vera vita in Dio.
L’emorroissa sostiene una fede fatta da piccoli gesti, discreti ma efficaci. La donna non esprime una fede folcloristica ma riservata, va alla sostanza del problema e cerca la giusta soluzione. Si fa coraggio tra la folla sperando di raggiungere il maestro, non pretende di potergli parlare e cerca un suo sguardo di approvazione, gli basta un tocco, un semplicissimo e insignificante tocco per cambiare la vita, come quel quasi tocco delle dita di Dio con Adamo nella Cappella Sistina di Michelangelo. Se Giairo ci ricorda che la fede è un cammino, l’emorroissa ci ricorda che la fede è un tocco di Dio per la nostra anima e senza questo tocco non potremmo credere in lui.
Santa domenica a tutti voi.