XVII domenica del tempo ordinario commento al Vangelo secondo Giovanni 6,1-15

La diciassettesima Domenica del Tempo ordinario interrompe la lettura del Vangelo di Marco per fare spazio al sesto capitolo del vangelo di Giovanni. Un capitolo importante che ha come tema dominante la lunga catechesi di Gesù in cui si definisce “il pane vivo, disceso da cielo” (Gv 6,51).

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. L’evangelista Giovanni contestualizza il brano presso il mare di Galilea, dopo che Gesù aveva lasciato Gerusalemme. La folla continua a seguire Gesù perché ha compassione per loro e, in particolare per gli infermi. Non ha bisogno di comprendere, alla folla basta vedere cosa fa Gesù per credere in lui e capire da quale parte si è schierato. Non è il Messia dei ricchi e dei potenti ma dei poveri e degli infermi. L’evangelista ci da altre due coordinate introduttive del capitolo: Gesù sale sul monte, come Mosè che incontra Dio e riceve i dieci comandamenti; siamo prossimi alla festa della Pasqua, il pane azzimo e l’agnello senza macchia mangiato in fretta prima della liberazione dalla schiavitù egiziana.

Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Anche Gesù vede la folla, il suo sguardo incrocia quello di tante storie, tante sofferenze, tanta miseria e dolore. È da questo sguardo compassionevole di Gesù che nasce la domanda provocatoria al discepolo Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Questa domanda a mio avviso, in realtà nasconde un’altra domanda: “dovremmo noi preoccuparci di tutta questa folla?”. Facendo calcoli umani come Filippo dovremmo rispondere “No”. Anche se facessimo una colletta per raccogliere «duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Anche se destinassimo duecento giornate di lavoro, duecento denari, non basterebbe e sarebbe anche uno spreco inutile. Molte volte la carità non viene fatta perche non passa per il Vangelo ma per calcoli umani e diventa occasione sprecata di amore.

Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Se duecento denari non sono stati sufficienti figuriamoci cinque pani d’orzo e due pesci. Anche il discepolo Andrea, come Filippo, cerca di vedere le intenzioni di Gesù ma il suo ragionamento ha come punto di osservazione le cose materiali e non la fiducia nel Maestro. Il miracolo non è cosa succede ma chi permette il cambiamento, non sono i duecento denari o cinque pani d’orzo e due pesci a sfamare la gente ma è Gesù! Non siamo noi a fare i miracoli ma è Dio che li compie in noi e attraverso di noi. Tutto dipende dal punto di osservazione: sé siamo concentrati su noi stessi facciamo fatica ad arrivare a Dio; ma se siamo concentrati su Dio anche la nostra vita diventerà eterna.

Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo. Quello che segue è una sinfonia di verbi diretti dall’unico Maestro: prese, aver reso, diede e fece. Gli stessi verbi della celebrazione eucaristica nella quale viviamo la moltiplicazione della Misericordia di Dio per formare l’unica comunione di vita tra il Figlio Gesù e tutta l’umanità. E come la folla, anche noi alla vista del miracolo eucaristico della celebrazione dovremmo esclamare: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!».

Gesù noi crediamo in te ma tu aumenta la nostra fede in te. Santa domenica

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